domenica 5 febbraio 2012

I was enchanted to meet you

Scusate l’assenza, non ho smesso di scrivere per pigrizia, bensì perché la mia vita in questi ultimi mesi è cambiata radicalmente.
Non sono più in America.
Sono tornata in Italia il 13 gennaio, ed è difficile da digerire.
Ma partiamo dall’inizio; sarà una storia lunga, ma ho deciso di scrivere per aiutare i prossimi Exchange students, affinché nessuno commetta il mio stesso “errore”.
Iniziò tutto i primi di dicembre, quando A. (la mia migliore amica di X, mia sorella ospitante) mi fermò dopo scuola per chiedermi se X fosse arrabbiata; io le rispondo che so solo che X pensava che lei le stesse parlando male alle spalle (informazione riferitami dalla mamma ospitante, che d’ora in poi chiamerò M.). Sembrava finita qua, ma circa una settimana dopo, un venerdì, dovevo uscire con Marianne ma M. me lo ha impedito dicendomi solamente che la mia liaison, L, mi sarebbe venuta a prendere per il weekend. Comprenderete il mio stato di panico e confusione. Che cosa avevo fatto? Quando arriva L, finalmente M. mi spiega la situazione: A. ha detto a X. che io le avevo detto che una sera M. era entrata in camera mia urlandomi che A. non era affatto una buona amica. M. dunque si sentiva tradita e ferita da me, inoltre la sua reputazione di insegnante era stata macchiata. Non credeva che A. si fosse inventata tutto, che io non avevo mai detto nulla del genere. Poi venne fuori che io non sorridevo mai, che alle Bahamas non mi sono mai divertita, che non dico mai grazie, che quando guardiamo la tv non parlo mai (cosa che mi sembra abbastanza normale), e che – questo era il vero problema – passo troppo tempo con Alex. Alex era la mia migliore amica, non X. Bingo. Io preferivo Alex a X, e questo non andava bene. A quanto pare Alex stava cercando di rubarmi perché non aveva altri amici. E comunque, avevano bisogno di una pausa per riflettere. Io ero a terra. Mi sono improvvisamente resa conto che non avevo una casa sicura, che queste persone potevano mandarmi via in qualsiasi momento, come un pacco postale. Mi costringono a lasciare l’Iphone a casa. Durante il weekend passato da L, leggono tutti i messaggi con Alex e Peter e si sentono traditi perché mi sono lamentata con loro del mio rapporto con X.
Comunque, dopo il weekend torno a casa, ci chiariamo e questo è il verdetto: o la smetti essere amica di Alex o te ne vai. Io accetto, perché con loro mi trovato bene e perché è vero, a volte Alex è fin troppo invadente.
Il giorno dopo lo dissi ad Alex, e il vederla in quello stato mi ha provocato una sofferenza infinita. Sentivo la mia decisione vacillare.
Neanche due giorni dopo, a pranzo, Alex mi si avvicina per dirmi che era appena stata in ufficio a scuola perché accusata di bullismo, al che le rispondo. Le parlo. E le amiche di X. glielo comunicano subito. Quindi basta. Sono fuori. Chiuso. Non importa per che cosa le avessi parlato, il punto era che avevo tradito la loro fiducia ancora. Fui rispedita da L, che dovette andare a casa a farmi le valige (di nuovo, niente privacy), e non mi fu permesso di salutare nessuno.
Avvenne tutto durante il periodo natalizio, quindi nostalgia pura.
A Natale sarebbe arrivato il nipote di Lynne, quindi fui spostata da un’altra liaison, C, dalla quale mi trovai benissimo.
Il 28 dicembre, improvvisamente, mi dissero di fare i bagagli. Io pensai a una nuova famiglia, finalmente, ma quando vidi la macchina targata Maryland fui presa dal panico. Non serve che ti porti dietro i libri di scuola. Terrore. Dove andiamo? Ad Annapolis, a circa due ore di distanza. Per quanto tempo? Non lo so. Tornerò? Non lo so. È la mia nuova famiglia? No, è solo temporanea.
Disperazione.
Jimmy. Jimmy. Jimmy.
“I’ll come get you!”, “Don’t give me false hopes”, “Don’t go!”, “I can’t lose you…”, “It hurts so much!”, “What if I won’t see you ever again?”, “Don’t say that!!!”.
La casa era molto diversa da quella a cui ero abituata, ma lo racconterò dopo.
La notte fu tremenda. Non chiusi occhio perché tutto ciò che riuscivo a pensare era che venivo separata da Jimmy, da Alex, da Marianne, da Peter, da tutto ciò che amavo. E non capivo perché. L’avrei capito la mattina successiva.
Chiama AFS, “Dovresti prenderti un bicchiere d’acqua”, non promette mai niente di buono; mi fanno ripetere tutta la storia della famiglia, di Alex, ecc, poi si arriva Jimmy, inaspettatamente. La ex famiglia ospitante, avendo ancora il mio Iphone, era entrata con il mio profilo di face book, letto i messaggi privati con lui e andata dalla polizia. Quei messaggi risalivano al 20 dicembre, giorno in cui mi era stato comunicato che probabilmente sarei finita nello Utah in una famiglia/scuola mormone, e io, presa dal panico e senza cellulare, scrissi a Jimmy nell’unico modo che avevo. E lui andò fuori di matto. “I’m gonna fuck with her car; I’ll blow her house up; dirty bastards; they can suck my dick; they’re the most immature motherfuckers” seguiti da molti HAHA. Tono scherzoso, ovviamente non aveva intenzione di fargli esplodere la casa. Era semplicemente arrabbiato e ferito perché non mi avrebbe più vista. E io non l’ho fermato. Perché sapevo che stava scherzando, perché pensavo di essere al sicuro, perché mai più pensavo che cosa quelle parole avrebbero comportato. Entrambi eravamo indagati dalla polizia, per questo mi avevano cambiata di Stato (così non ero perseguitabile) e per questo dovevo andarmene immediatamente, nonostante (testuali parole) io fossi la vittima. Nonostante la stupidità della situazione, nonostante sì,la famiglia è paranoica e comunque non ha sporto denuncia. Nonostante a Jimmy non è successo niente, dovrà solo scrivere una lettera di scusa. Ma io sono italiana. Io me ne devo andare per qualcosa che non ho nemmeno fatto. Senza la possibilità di difendermi.
Stato di shock totale.
Era tutto finito. Tutto il mio sogno. Tutto. Jimmy. Il prom. Alex. Tutti. Il mondo mi era caduto addosso e non riuscivo a riemergere. Non credo di aver mai pianto così tanto. L’ingiustizia mi ha sconvolta, e non riuscivo nemmeno a ribattere, il mio cervello si era completamente bloccato.
Jimmy.
E non potevo tornare a Manassas per dire addio. E lui non poteva venire. E Alex nemmeno. Marianne è venuta, e mi ha fatto moltissimo piacere; ma noi ci vedremo ancora, non abitiamo molto distante.
Lui sta a seimila chilometri ora.
Comunque, non sono valsi a nulla i tentativi dei miei genitori o di AFS Italia, giovedì 12 gennaio avrei preso quel dannato aereo.
Prima di parlare del pandemonio che mi è successo all’aeroporto, vorrei descrivere la famiglia in cui mi sono ritrovata a passare ben due settimane.
È composta da: madre, lavora dalle sei alle sette; figlio di 16 anni, tipico adolescente problematico e incompreso; figlio di 23 anni (che AFS non sapeva fosse in casa), crede di essere musulmano e sposato, è stato in prigione. La casa: sporca; niente da mangiare (mangiavo la cena alle otto e fino alle otto del giorno dopo solo caramelle alla ciliegia, rimaste da Natale), o da bere (bevevo dal lavandino del bagno quando proprio non ce la facevo più a forza di farmi venire la saliva con le caramelle). Un giorno ero andata a comprarmi da mangiare prendendo l’autobus (che sono tremendi) e avevo anche fatto dei biscotti che, come per magia, sono spariti. C’erano tre cani: un cucciolo di pitbull che si divertiva a distruggere la casa, un cane ENORME e un altro cucciolo. Non uscivo mai. Non facevo assolutamente niente. Me ne stavo chiusa in camera (a chiave) fino alle otto di sera.
È stato il periodo più brutto della mia vita. Qualcosa che ti cambia.
Nel frattempo AFS (dopo quella telefonata) non si fece più sentire, quindi non sapevo nulla del volo o di niente.
Il giorno prima del volo vengo spostata nuovamente, la famiglia che mi ospiterà per la notte vive vicino all’aeroporto di Baltimora, e nemmeno loro sanno bene i dettagli riguardo il mio volo. Prima mi dicono che avrei preso l’aereo da Baltimora la mattina, sarei atterrata a La Guardia di NY e da lì avrei preso un autobus (da sola, ovviamente), per andare al JFK, dove avrei dovuto aspettare dieci ore, prendere poi l’aereo per Zurigo e da lì quello per Milano.
Io ero in crisi più totale.
La cosa che mi spaventava di più era il fatto dell’autobus. Mi sarei persa. Avrei perso l’aereo. Che cosa avrei fatto bloccata a NY da sola?!
Poi si informano (grazie al cielo!) e a quanto pare ci saranno degli altri Exchange students semestrali che partiranno da Baltimora, quindi potremo sclerare insieme.
Quindi la mattina mi accompagnano a Baltimora, faccio il check in e via.
L’ora prevista per il  volo però arriva, e poi passa. Panico. Mi alzo e vedo la scritta: CANCELLED. Panico. Terrore. Aiuto.
Non mi avevano lasciato un numero, non sapevo cosa fare. Che cosa voleva dire cancellato? Che cosa si fa in questi casi? La mia mente era appannata. Completamente. Che fare? Al gate non c’era nessuno a cui chiedere. Chiamo Lynne, mi calma e riesco a ragionare. Esco dal mio gate e vado ad un altro, chiedo all’assistente e lei (grazie al cielo) riesce a prenotarmi un posto sul prossimo volo.
Poi incontro gli altri Exchange students che mi rassicurano, a NY ci sarà qualcuno ad aspettarci.
Sono un po’ più tranquilla.
Siamo sull’aereo e non si parte.
“Abbiamo messo troppo carburante, quindi l’aereo pesa troppo, se sette volontari non scendono non si parte”.
Basta, fatemi solo arrivare a casa a questo punto…
Non c’è neanche l’aria condizionata.
Sette persone scendono, MA non si può ancora partire perché a NY c’è una tempesta.
Qualcuno lassù ce l’ha davvero con me.
Comunque, alla fine riusciamo ad atterrare, prendiamo le valige, incontriamo una rappresentante di AFS che ci porta in un hotel dove ci sono gli altri Exchange students semestrali e poi alle sei mi accompagna (sono da sola) al JFK.
Alle nove mi imbarco.
Dire addio via messaggio è tremendo, e cerco di scacciare le lacrime, ma il pensiero di stare per lasciare il suolo americano, che era tutto vero, mi schiacciava.
“I’m on the plane”, “Nooooo!”, “These are really the last texts, right?”, “Seems like it…”, “I was enchanted to meet you”, “Same here J you’ll always be my little Italian <3”, “I love you”, “I love you too”.

Questa è stata la mia esperienza.
Fantastica fino a dicembre, un incubo per un mese.
Ma rifarei tutto.
Ho trovato persone fantastiche, ho fatto esperienze incredibili e sopportato cose che mi hanno fatto crescere, forse troppo velocemente e brutalmente.
La mia è una storia diversa, ma voglio che sappiate, che capiate che l’America è diversa. La mentalità è così differente, e l’ho imparato a mie spese. Sono paranoici. Prendono tutto sul serio. Ed è comprensibile, soprattutto dopo l’11 settembre; le regole, la fiducia e la lealtà sono importantissimi, ogni piccola sfumatura cambia tutto.
Io sono stata sfortunata. Sfortunata perché ho trovato la famiglia che ho trovato, sfortunata perché non ho avuto l’appoggio che avrei dovuto avere e sfortunata perché ho subito un’ingiustizia, perché sono la vittima.
Ma la amo ancora, amo ancora l’America e la amerò per sempre.
Ma non è stato un addio, I’ll be back.

4 commenti:

  1. hey, mi dispiace davvero tantissimo per quello che ti è successo. sinceramente credo che sia intercultura che la famiglia abbiano preso tutto nel modo sbagliato, tu saresti dovuta rimanere lì dove dovevi essere.
    Ma davvero ti hanno costretta a lasciare l'iPhone a casa e hanno guardato nelle tue cose?? C'è ma come si sono permessi???????????
    Hai tutto il mio supporto, mi dispiace davvero :((

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  2. Oh mio dio... io sono appena tornata dopo sei mesi in argentina (sarei voluta stare un anno mai miei non me l'hanno permesso), e soltanto dire addio a quelle persone, gli amici, il mio amore argentino (sí, ho fatto questa stupidaggine), é stato semplicemente lacerante. Posso solo immaginare come deve essere stato per te, andartene in maniera cosí traumatica, lasciare tutto con un clima tanto teso, mi dispiace immensamente!!!! Hai tutto il mio appoggio spirituale, per quanto possa servire, ma ce l'hai proprio tutto!

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  3. Ciao, ho letto solo oggi il post.
    Anche se non ti conosco stavo per mettermi a piangere, veramente!
    Ci sono persone veramente tarate al mondo...controllare le amicizie, se non cattive, non deve esistere....bah, secondo me avresti dovuto denunciare il tutto quando loro ti hanno imposto X al posto di Alex.
    Sono veramente molto triste per questa tua esperienza, comunque si cade e ci si rialza sempre. ricordatelo.
    buona fortuna x il futuro!!!

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  4. Ciao. So che sono passati tre anni, ma sono incappata nel tuo blog (di cui sono subito diventata sostenitrice) perché sto scrivendo il mio secondo romanzo e questo sarà ambientato lungo la Route 66. Mi servivano informazioni e curiosità sullo stile di vita americano e così, grazie ai tuoi due post in merito... beh, eccomi qui. Ho letto tutto, a parte forse qualche riga. E mi dispiace. Infinitamente. Spero con tutto il cuore che la tua vita sia diversa, ora, e che il tuo sogno di tornare in USA si sia avverato. Spero che tu e Jimmy vi siate rivisti o, almeno, che tu ora abbia una nuova fiamma d'amore a scaldarti il cuore. Spero che leggerai queste righe sapendo che vengono da una persona che ha versato lacrime per te, mentre leggeva. Spero che da quando hai pubblicato questo post tu abbia vissuto nuove esperienze e donato al mondo nuovi sorrisi. Spero.

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